Una barca diventata mitica per tutti gli amanti del mare rinasce in Sicilia grazie a un progetto per favorire il reinserimento di persone in difficoltà
Poche immagini simboleggiano la libertà come quella di una barca che lascia il porto dirigendosi verso l’orizzonte. E ci sono imbarcazioni che questa libertà se la portano dentro più di altre e la regalano a tutti coloro che incrociano la loro scia. Una di queste è Lisca Bianca, un Carol Ketch di 36 piedi che da 30 anni cambia la vita delle persone: in grado di trasformarsi in una casa, di fare il giro del mondo ed ora di diventare un’occasione di riscatto per soggetti in difficoltà.
Lisca Bianca è indissolubilmente legata al nome di Sergio e Licia Albeggiani, una coppia di coniugi che negli anni Ottanta decisero di utilizzarla per andare “via dal freddo, via dalle folle rumorose, via degli stupidi rituali della civiltà dei consumi”. Sergio e Licia fecero infatti costruire questa imbarcazione per trasformarla innanzitutto in una “barca da abitare”, abbandonando la terraferma e trasferendosi a vivere a bordo nel 1981. Ma una barca del genere, con la struttura perfetta per stare in mare per tante miglia, non poteva rimanere a lungo nel porto di Porticello, piccolo borgo marinaro vicino a Palermo, dove si trovava. E così Licia e Sergio si preparano, studiano le carte e le esperienze dei navigatori del passato, con un obiettivo ben preciso: compiere il giro del mondo. Un’impresa iniziata il 23 settembre 1984 con la partenza da Porticello e terminata nell’agosto del 1987 col ritorno in Sicilia: oltre 30mila miglia di onde, incontri, spazi sterminati e posti paradisiaci raccontanti nel libro “Le isole lontane”, recentemente riedito da Mursia.
E il titolo del volume non è casuale perché l’impresa di Sergio e Licia, folle solo per le persone la cui fantasia non va oltre la costa, è scandita dagli approdi in isole dal nome così mitico da sembrare irraggiungibili: dalle Canarie che aprono la porta sull’Oceano Atlantico, alle Antille, le Galapagos, le Hawaii, le Maldive o le Marshall, lembi di terra lontani ma che in realtà secondo gli Albeggiani “sono dentro di noi e non ce ne accorgiamo. O forse, ce ne dimentichiamo. Dimentichiamo di essere nati liberi”. Il racconto del viaggio del “Comandante” (Sergio) e del “Nostromo” (Licia), che è diventato anche una sorta di “manuale” per molti che hanno voluto tentare la stessa traversata, è fatto poi di persone di ogni età e lingua, quel “popolo delle barche” che decide di fare degli oceani la propria casa.
Una scelta estrema, quella degli Albeggiani, solo per chi l’ha guardata da lontano: «A noi è sembrato tutto molto normale – ricorda Attilio Albeggiani, uno dei figli della coppia – forse perché fin da piccoli ci hanno educato al mare e perciò non ci è parso strano che decidessero di trasferirsi sulla barca». Una normalità che non è stata intaccata neppure dal viaggio intorno al mondo, dalle settimane senza sentirsi e dai Natali festeggiati alle più improbabili latitudini: «Siamo sempre stati coinvolti in ogni fase del progetto, dal disegno fino al varo della barca, quindi la partenza sembrò una cosa naturale. L’unico momento in cui forse rimasi un po’ perplesso è quando, una volta tornati, decisero di ripartire». Sì, perché Licia e Sergio intrapresero un nuovo giro del mondo purtroppo interrotto dalla morte di Sergio». Lisca Bianca deve così rientrare in porto: Licia continuerà a vivere a bordo ancora per alcuni anni, ma poi tornerà sulla terraferma e la barca viene progressivamente messa da parte.