Sento dire LiscaBianca e mi vengono i brividi. Perché è il nome di una barca che ha fatto il giro del mondo, perchè mi ricorda i miei vent’anni, i primi articoli a tutta pagina sulGiornale di Sicilia, i pomeriggi passati nel pozzetto con Licia e Sergio Albeggiani a raccontare il loro viaggio attorno al mondo su questo scafo di tredici metri.
Non sapevo più niente di LiscaBianca. Sapevo che Sergio non c’era più, la morte lo aveva fermato a Las Palmas nel 1989 mentre con sua moglie Licia stava ripartendo per un’altra circumnavigazione. La barca era tornata a Palermo, con Licia, che per alcuni anni aveva continuato a vivere sul LiscaBianca, ancorata nel porticciolo della Cala.
Poi, come troppo spesso accade, le tracce si erano perdute, slabbrate. Che fine aveva fatto LiscaBianca? Restava il ricordo di quei lunghi pomeriggi del 1987 quando, ormeggiati a Porticello, Licia e Sergio ripercorrevano il loro viaggio, le tempeste, i salti delle balene, i porti esotici, gli approdi nelle isole lontane.
All’età in cui molti vanno in pensione, Licia e Sergio avevano fatto la stessa cosa. Ma invece di godersi il riposo davanti alla televisione, nella loro casetta al mare, avevano investito i loro risparmi in quella barca, LiscaBianca, costruita su misura ed erano partiti in giro per il mondo, lasciando a Palermo figli già grandi e nipoti in arrivo. Un viaggio lungo tre anni, con il vento dell’est alle spalle, attraversando Atlantico, Pacifico, Oceano Indiano, Mar Rosso per tornare finalmente a Porticello, festeggiati da tutto il paese.
Quei racconti diventavano grandi paginate che scrissi per settimane sul Giornale di Sicilia, illustrate dai bei colori di Maurilio Catalano.
“Le isole lontane”, dunque. Così si intitolava un libro che Licia e Sergio pubblicarono al ritorno a Palermo. Esistono le isole lontane? “Sì, esistono”, rispondeva Sergio. “Sono dentro di noi e non ce ne accorgiamo – o, forse, ce ne dimentichiamo – dimentichiamo d’essere nati liberi”.
Licia e Sergio non erano né eroi né spericolati. Amavano il mare e con quella barchetta, senza gps né satellitari, avevano solcato tutte le onde. Eppure, malgrado il gusto dell’avventura, a bordo di quella barca si erano portati la loro placida formazione borghese: quintali di pasta, ettolitri di vino, caponatina, marmellate casalinghe. Licia raccontava che ogni giorno, durante la navigazione, sfornò il pane fresco, tranne quando c’era il mare in tempesta.
Che fine aveva fatto LiscaBianca? Non ne sapevo più niente. Ma pochi giorni fa mi chiama da Palermo Elio Lo Cascio, sociologo impegnato in progetti per il recupero dei minori a rischio. Mi racconta che Lisca bianca era stata abbandonata, ormai da anni. Appoggiata su impalcature di legno, infradiciva sotto la pioggia, ferma e tirata in secco.
Ma poco tempo fa, i figli di Licia e Sergio hanno deciso di ridargli vita. LiscaBianca è stata donata a un’associazione che la rimetterà a nuovo. Riprenderà il suo giro per i mari, ma con equipaggi nuovi. Sarà destinata a navigazioni didattiche per i ragazzi detenuti al carcere Malaspina di Palermo, per bambini diversamente abili, per i minori a rischio della Sicilia. Certo, non è una cosa semplice. Ci vogliono soldi e fondi che l’associazione sta raccogliendo, anche con l’aiuto dell’attore Luigi Lo Cascio e del pittore Maurilio Catalano. Sarà un’altra impresa, forse più difficile di quella che Lisca bianca ha già superato. Ma è una barca forte, ben equipaggiata e riuscirà ad affrontare anche questa prova.
Dite Lisca bianca e a me vengono i brividi. E ancor di più ora che LiscaBianca sta tornando a vivere.
Gaetano Savatteri, dal sito: www.malgradotuttoweb.it